La frequenza cardiaca nelle persone di mezza età non è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente


Ricercatori del Norwegian Institute of Public Health a Oslo, hanno studiato la relazione tra frequenza cardiaca e la mortalità cardiovascolare in un’ampia coorte di uomini e donne norvegesi di mezza età.

La coorte era composta da 180.353 uomini e 199.490 donne di età compresa tra 40 e 45 anni senza storia cardiovascolare o diabete.

E’ stata riscontrata una positiva associazione tra frequenza cardiaca e mortalità per tutte le cause, così come tra la frequenza cardiaca e la mortalità per malattia cardiovascolare, per cardiopatia ischemica e per ictus.

Tuttavia, queste associazioni sono risultate notevolmente ridotte dopo aggiustamento per i principali fattori di rischio della malattia.

E’ stata osservata una riduzione dell’hazard ratio ( HR ) per la mortalità generale da 3.14 a 1.82 per gli uomini e da 2.14 a 1.37 per le donne, quando è stata confrontata la frequenza cardiaca maggiore o ugulae a 95 bpm ( battiti per minuto ) con quella inferiore a 65 bpm.

Riguardo alla mortalità cardiovascolare, l’hazard ratio si è ridotto da 4.79 a 1.51 per gli uomini e da 2.68 a 0.78 per le donne.

In conclusione, in questa coorte di uomini e donne di mezza età, l’associazione tra frequenza cardiaca e mortalità per cause cardiovascolari si è notevolmente ridotta dopo aggiustamento per i principali fattori di rischio della malattia.
Questo sta ad indicare che un aumento della frequenza cardiaca nei soggetti di età intermedia può rappresentare un marker di alto rischio cardiovascolare, ma non è un fattore di rischio indipendente. ( Xagena2008 )

Tverdal A et al, Eur Heart J 2008; 29: 2772-2781


Cardio2008


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